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La povertà educativa minorile

La condizione di povertà di un minore è multidimensionale, frutto del contesto economico, sanitario, familiare e abitativo, della disponibilità o meno di spazi accessibili, dell’assenza di servizi di cura e tutela dell’infanzia: essa non è solo legata alle cattive condizioni economiche, ma è povertà di relazioni, isolamento, cattiva alimentazione e scarsa cura della salute, carenza di servizi, di opportunità educative e di apprendimento non formale. La povertà educativa, insidiosa quanto e più di quella economica, priva bambini e adolescenti della possibilità di apprendere e sperimentare, scoprendo le proprie capacità, sviluppando le proprie competenze, coltivando i propri talenti ed allargando le proprie aspirazioni. La povertà educativa investe anche la dimensione emotiva, della socialità e della capacità di relazionarsi con il mondo. Si creano così le condizioni per lo sfruttamento precoce nel mercato del lavoro, per l’abbandono e la dispersione scolastica (nelle loro diverse manifestazioni), per fenomeni di bullismo e di violenza nelle relazioni tra pari.

I tempi della crisi e della recessione hanno visto precipitare la spesa sociale in Italia e triplicare l’incidenza della povertà assoluta nelle famiglie con almeno un minore, che tra il 2005 e il 2014 è passata dal 2,8% all’8,5%, per un totale di oltre 1 milione di bambini colpiti (1 minore su 10).

Il Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile in Italia evidenzia come la povertà minorile si sia aggravata, soprattutto nel Sud, non solo per quanto riguarda il livello di istruzione, di formazione e di competenze acquisite dai giovani, ma anche nel decisivo campo delle reti sociali, con il peggioramento dei livelli di partecipazione civica, politica e sociale dei giovanissimi (14-19 anni).

Per quanto riguarda la prima infanzia, la povertà ha effetti di lungo termine e comporta un maggiore rischio di esclusione sociale per gli adulti di domani: già a 3 anni è rilevabile uno svantaggio nello sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo dei bambini provenienti da famiglie più disagiate e, in assenza di interventi adeguati entro i 5 anni, il divario aumenta ulteriormente.

È ormai diffusa la consapevolezza che l’accesso a servizi socio-educativi di qualità, soprattutto nella prima infanzia, è in grado di incidere sulla riduzione delle disuguaglianze e sull’aumento delle opportunità di “mobilità sociale”.  Per quanto la fruizione di servizi per bambini fino a 3 anni sia in crescita, l’Italia è ancora lontana dagli obiettivi europei e dai valori di altri Paesi europei. La copertura media dei nidi sul territorio italiano, ad esempio, era pari nel 2014 al 19,1%, con forti differenze territoriali: dal 2,1% in alcuni territori del Sud al 26,7% nel Centro-Nord.

Questo divario non si riflette solo sull’accessibilità ai servizi educativi e di cura, ma ancor più sulla qualità degli stessi, in funzione certamente della capacità dei comuni e di altri enti pubblici di investire sulla prima infanzia, ma anche della frammentarietà nella gestione dei servizi e della discontinuità delle offerte, della mancata integrazione tra i soggetti coinvolti, del basso stimolo all’innovazione e alla diffusione di nuove pratiche.

Il contributo a carico delle famiglie è aumentato inoltre fino ad un quinto della spesa per gli asili nido: il costo crescente a carico delle famiglie per i servizi alla prima infanzia rischia di mettere in difficoltà i nuclei familiari più fragili o in contesti più svantaggiati, proprio in un momento fondamentale per lo sviluppo delle capacità cognitive dei bambini, che inciderà sui percorsi scolastici e di socializzazione, e quindi nelle fasi successive della loro vita.

Di seguito è disponibile un documento con le prime indicazioni sulle possibili metodologie di valutazione dei programmi
Vademecum valutazione di impatto programmi per il contrasto alla povertà educativa

 

Osservatorio #conibambini

Report con dati comunali e mappe sul fenomeno della povertà educativa in Italia.

La continuità didattica per valorizzare il lavoro degli insegnanti

Nessuna politica di contrasto alla povertà educativa può prescindere dal ruolo centrale degli insegnanti nella comunità educante. Viene spesso sottovalutato come i docenti siano tra le figure più importanti nel percorso di crescita dei giovani; si tratta infatti della categoria di adulti che, insieme alla famiglia, trascorre più tempo con ragazzi e ragazze. Con un…

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