Le previsioni sulla condizione dei giovani in Italia nel 2030
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- Dopo la pandemia, la condizione di giovani e adolescenti nel mondo ha mostrato segnali di peggioramento.
- Anche per l’Italia non mancano i segnali di disagio tra i più giovani: dal calo negli apprendimenti al peggioramento del benessere psicologico.
- Vi sono però anche segnali positivi: nel 2024 torna sopra il 10% la partecipazione nel volontariato dei 18-19enni.
- L’investimento sugli adolescenti può avere un triplice effetto positivo.
- Nel 2030 gli adolescenti potrebbero essere il 10% in meno di oggi. Il rischio è che anche l’attenzione verso la loro condizione diminuisca.
Il prossimo 12 agosto ricorrerà la giornata internazionale della gioventù. Un’occasione per fare il punto sulla condizione attuale di bambini e ragazzi nel nostro paese e sulle prospettive future per le giovani generazioni.
Dopo la pandemia si sono moltiplicate le riflessioni in questo senso. Non sempre, come abbiamo avuto modo di raccontare in passato, orientate da dati e analisi. Il dibattito si è infatti sviluppato in modo spesso frammentario e aneddotico, con punti di vista che in molti casi hanno fatto emergere una sottovalutazione del fenomeno o, al contrario, un allarmismo caricaturale.
Questo anche perché, nel pieno dell’emergenza pandemica, mancavano informazioni qualificate, strutturate e aggiornate sulla condizione di ragazze e ragazzi. Una carenza che piano piano sta venendo colmata da nuovi studi e analisi, nazionali e internazionali.
Tra le ultime in ordine di tempo, la ricerca condotta dagli esperti della Lancet Commission on adolescent health and wellbeing, pubblicata sulla rivista The Lancet. Questo studio ha ricostruito la condizione di giovani e adolescenti a livello mondiale in uscita dalla pandemia, evidenziando i rischi per il loro benessere da qui al 2030.
Abbiamo approfondito questi aspetti dal punto di vista internazionale e con i dati disponibili per l’Italia. Le previsioni demografiche per il 2030 lasciano intravedere un paese dove bambini e ragazzi saranno sempre meno. Una tendenza da monitorare per le conseguenze che potrebbe avere rispetto all’impegno verso le giovani generazioni.
Una generazione a rischio nei prossimi anni
L’elemento principale che emerge dalla ricerca pubblicata su Lancet è che i progressi in termini di salute degli adolescenti, a livello globale, sono rimasti ben al di sotto dei miglioramenti compiuti agli inizi del XXI secolo.
Il nuovo contesto internazionale presenta rischi per la condizione di giovani e adolescenti.
Si tratta anche delle conseguenze di uno scenario internazionale mutato. La ricerca evidenzia come il crescente carico di morbilità (la frequenza a contrarre malattie) e mortalità tra gli adolescenti nel mondo — caratterizzato da un rapido aumento di malattie non trasmissibili e disturbi mentali — stia compromettendo le prospettive delle future generazioni. A questo si aggiungono le minacce derivanti da tendenze complesse e interconnesse, come il cambiamento climatico, il degrado ambientale, i conflitti, gli sfollamenti, la rapida urbanizzazione e le conseguenze delle pandemie attuali e future, inclusa quella da Covid-19.
Per questo, nonostante la maggior parte degli indicatori relativi alla salute continui a registrare progressi, dopo il 2015 si è osservato un significativo rallentamento. Un rallentamento che compromette la possibilità di raggiungere gli obiettivi Onu per il 2030.
Secondo la ricerca pubblicata su Lancet, entro quella data, 464 milioni di adolescenti a livello globale saranno sovrappeso oppure obesi (143 milioni in più rispetto al 2015) e 42 milioni di anni di vita in salute potrebbero essere persi a causa di disturbi mentali o suicidio (2 milioni in più rispetto al 2015).
42 milioni la previsione degli esperti sugli anni di vita in salute persi nel 2030 a causa di disturbi mentali o suicidio (2 milioni in più rispetto al 2015).
Va sottolineato che si tratta di stime a livello globale, su cui quindi l’influenza dei paesi extra-europei e di quelli in via di sviluppo è preponderante. Basti pensare che l’82% degli adolescenti del mondo vive in Africa e in Asia.
Allo stesso tempo, diversi segnali di peggioramento nella condizione di bambini e ragazzi sono stati avvertiti dopo la pandemia anche nei paesi europei, compreso il nostro.
La situazione dei più giovani in Italia
In precedenti approfondimenti dell’osservatorio, abbiamo analizzato come siano diversi gli indicatori a segnalare un aumento del disagio tra i più giovani.
Un disagio che ha diverse dimensioni, a partire da quella sociale ed economica. Nell’ottobre scorso Istat ha stimato come quasi il 14% dei minori si sia trovato in povertà assoluta nel 2023. Si tratta dell’incidenza più elevata della serie storica dal 2014.
1,3 milioni i bambini e ragazzi che vivono in famiglie in povertà assoluta dopo il Covid.
Problemi socio-economici attraversano anche la vita dei giovani adulti. Il nostro paese – nonostante i miglioramenti rispetto al decennio scorso – resta infatti ai vertici in Europa per quota di neet, giovani tra 15 e 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono in formazione.
Questioni che non possono essere affrontate solo in termini di deprivazione materiale, trascurandone le radici educative, culturali, sociali, psicologiche che alimentano questo disagio. Si tratta di dimensioni che in diversi casi sono tra loro collegate e finiscono con il rafforzarsi a vicenda.
In termini educativi, non va sottovalutato come negli anni della pandemia si sia registrato un calo netto negli apprendimenti degli studenti. In particolare tra chi veniva da famiglie più svantaggiate e probabilmente aveva anche meno strumenti durante la fase pandemica. La tendenza al peggioramento negli apprendimenti peraltro non si è invertita con la conclusione della pandemia. I recentissimi dati delle prove Invalsi mostrano come nel 2025 gli alunni che raggiungono i traguardi previsti al termine del primo ciclo d’istruzione siano scesi al 59% in italiano e si mantengano sul 56% in matematica. Nel 2019 queste percentuali erano rispettivamente al 65% e al 60%: al calo avvenuto nella pandemia non sono seguite inversioni di tendenza.
Questa crisi educativa talvolta può essere il sintomo di qualcosa di più profondo nel benessere sociale e psicologico di ragazze e ragazzi. Durante l’emergenza pandemica, complice la necessità di mantenere il distanziamento fisico, si è registrata una rarefazione nei rapporti sociali, anche e soprattutto tra i giovani, acuendo un trend in realtà in corso da oltre un decennio.
Così come si continuano a intravedere, anche a pandemia terminata, segnali di recupero non completo nell’indice di salute mentale degli e delle adolescenti. Si tratta di uno degli aspetti su cui il rapporto insiste maggiormente. I ricercatori di Lancet sottolineano come i disturbi mentali e le espressioni di disagio siano la principale causa di carico di malattia tra gli adolescenti in tutti i paesi. L’insorgenza di sintomi di disagio emotivo, come ansia e umore basso, è più comune durante l’adolescenza che in qualsiasi altro momento del corso della vita.
I segnali positivi
Allo stesso tempo, la letteratura internazionale conferma una tendenza positiva nel rilancio dell’attivismo dei più giovani negli ultimi 10-15 anni e del loro impegno per il cambiamento.
“Adolescent-led and youth-led activism has greatly increased in the past 10–15 years, and has shown the powerful effect that adolescents can have as catalysts for change. Predominantly led by non-governmental organisations, investments in adolescent girls’ leadership programmes are yielding important results” – The Lancet Commissions, A call to action: the second Lancet Commission on adolescent health and wellbeing (20 maggio 2024)
Si tratta di dinamiche in parte visibili anche per il nostro paese, aspetto che abbiamo già avuto modo di raccontare in passato attraverso i dati. In questo senso, ad esempio, si segnala la maggiore preoccupazione della popolazione giovanile verso il cambiamento climatico rispetto alla media. Altra dinamica di rilievo è quella della mobilitazione attiva. La quota di 18-19enni che hanno preso parte ad associazioni ecologiche, per i diritti civili e per la pace è stata pari al 3,3% nel 2024 (2,4% nel 2023) e risulta molto superiore rispetto al resto della popolazione (1,6%).
In questo segmento di età è interessante osservare anche un ritorno – dopo il calo successivo alla pandemia – alla partecipazione in associazioni di volontariato.
Nel 2024 torna sopra il 10% la partecipazione nel volontariato dei 18-19enni
Percentuale di persone che negli ultimi 12 mesi hanno svolto attività gratuite in associazioni di volontariato (2019-24)
DA SAPERE
Il dato medio della popolazione si riferisce ai residenti di almeno 14 anni o più.
FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(consultati: martedì 10 Giugno 2025)
Il “triplice vantaggio” di un investimento su giovani e adolescenti
I dati precedenti mostrano quanto sia fuorviante una narrazione tesa a descrivere giovani e adolescenti come indolenti e ripiegati su sé stessi. Già oggi ragazze e ragazzi sono agenti di cambiamento per le loro comunità; sviluppare e incoraggiare questa propensione deve essere un obiettivo delle politiche pubbliche in materia.
In questo senso, da alcuni anni i rapporti della commissione Lancet sul benessere degli adolescenti hanno sottolineato l’importanza dell’investimento su questa fascia d’età. Osservando come gli investimenti durante l’adolescenza, e in generale su bambini e ragazzi tra i 10 e i 24 anni, possano produrre un triplice vantaggio: per i giovani di oggi, per gli adulti che diventeranno e per la prossima generazione di bambini di cui saranno genitori. Quindi in generale per l’assetto attuale della società e per quello degli anni a venire.
Il calo demografico rischia di emarginare le nuove generazioni dal dibattito pubblico.
Questo potenziale però si scontra con la dinamica demografica in corso nei paesi avanzati, e in particolare in Italia. Con la progressiva, prevista diminuzione dei giovani in termini demografici, il rischio concreto è che diminuisca anche la loro centralità nel dibattito pubblico e il loro peso nella società. Con la possibile conseguenza che si riduca l’attenzione verso la condizione delle giovani generazioni e gli spazi di intervento in questo senso.
I giovani in Italia, da oggi al 2030
Analizzando le statistiche sperimentali di Istat, è possibile avere una previsione di quanti saranno i giovani residenti nel nostro paese da oggi all’inizio del prossimo decennio.
In uno scenario di previsione mediano, intermedio tra quelli più pessimistici e quelli più ottimistici, i giovani residenti tra 10 e 24 anni potrebbero passare dagli attuali 8,6 milioni a 8,2 milioni nel 2030.
Un calo vicino al 5%, che sfiora il 10% se si considerano i soli residenti tra 10 e 19 anni. In questa fascia d’età infatti si potrebbe passare dai quasi 5,7 milioni attuali a circa 5,1 milioni nel 2030.
-9,5% il calo di residenti tra 10 e 19 anni previsto per il 2030 in Italia.
Questa dinamica assume proporzioni differenti lungo la penisola. A fronte di un calo medio del 9,5%, un elemento che salta subito all’occhio è che tutte le province mostrano una variazione percentuale negativa, anche se con ritmi di decrescita previsti molto diversi.
Entro il 2030 i giovani tra 10 e 19 anni potrebbero essere oltre il 18% in meno nei territori di Enna e Caltanissetta
Variazione percentuale prevista tra 2023 e 2030 nel numero di residenti tra 10 e 19 anni, nelle province italiane
FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Istat (statistiche sperimentali)
(pubblicati: lunedì 29 Luglio 2024)
Guardando le province che si posizionano meglio, ovvero quelle con le diminuzioni percentuali meno accentuate, troviamo Parma (-1,1%), Bolzano (-1,2%) e Piacenza (-1,6%). Seguono Bologna (-3,4%), Pavia (-3,9%) e Ragusa (-4,3%). È evidente come queste province si trovino prevalentemente nel nord Italia, in particolare in Emilia-Romagna. Questo dato suggerisce una maggiore resilienza demografica in queste aree, sebbene il calo sia comunque presente.
All’estremità opposta della classifica, emergono scenari decisamente più critici. Le province per cui si prevede la contrazione più severa nella popolazione 10-19 anni sono Caltanissetta (-18,6%), Enna (-18,1%), Nuoro (-17,2%), Barletta-Andria-Trani (-17,0%) e Taranto (-15,8%). Seguono una serie di province quasi interamente situate nel sud Italia e nelle isole.
L’articolo è disponibile anche su conibambini.openpolis.it, con i dati regione per regione
L’Osservatorio #Conibambini, realizzato da Con i Bambini e Openpolis nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, fornisce dati e contenuti sul fenomeno in Italia nella modalità di data journalism, in formato aperto e sistematizzati, per stimolare un’informazione basata sui dati. L’obiettivo è promuovere un dibattito informato sulla condizione dei minori in Italia, a partire dalle opportunità educative, culturali e sociali offerte, ed aiutare il decisore attraverso l’elaborazione di analisi e approfondimenti originali.