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Il ruolo centrale degli insegnanti nella comunità educante

Tag: Istruzione

Gli insegnanti rappresentano una delle figure più importanti nel percorso di crescita dei giovani. Insieme alla famiglia, sono tra gli adulti che trascorrono più tempo con ragazzi e ragazze e che quindi incidono maggiormente sulla loro formazione.

Un ruolo cruciale, da non sottovalutare. Insegnanti appassionati e motivati possono coltivare la curiosità degli studenti, far fiorire interessi, dare concretezza a talenti e aspirazioni. È anche dall’incontro con buoni insegnanti che deriva il percorso futuro di ragazze e ragazzi. Specie per chi alle spalle ha una famiglia che – per motivi economici, culturali o sociali – ha minori possibilità di investire sulla formazione dei figli.

3,4% degli studenti di III media con famiglie a basso status socio-economico-culturale ha raggiunto i migliori risultati nei test Invalsi di italiano (a.s. 2020/21). Tra quelli di status più elevato la quota arriva al 18,6%.

I docenti non sono solo il principale volto della scuola, nella quotidianità di milioni di studenti e delle loro famiglie. Sono anche un perno della comunità educante e di qualsiasi politica di contrasto della povertà educativa. Investire sulla loro capacità e motivazione, valorizzarne le competenze sono quindi aspetti ineludibili.

Elementi su cui può avere un impatto anche il profilo demografico – ad esempio nell’equilibrio tra insegnanti più esperti e le nuove leve – così come la valorizzazione in termini di formazione, salari e percorsi di carriera. Approfondiamo meglio tali aspetti, anche nel confronto internazionale con gli altri paesi europei e Ocse.

Chi sono gli insegnanti italiani

Nell’anno scolastico 2020/21 sono circa 700mila gli insegnanti nelle scuole statali italiane dei diversi ordini e gradi. A questi vanno aggiunti i 184mila docenti per i posti di sostegno. Un dato variabile nei diversi livelli: sono complessivamente 101.710 nella scuola dell’infanzia, quasi 300mila nelle primarie e oltre mezzo milione nelle secondarie di I e II grado.

Gli insegnanti nei diversi livelli della scuola italiana
Numero di insegnanti per livello di istruzione e tipo di posto (a.s. 2020/21)

DA SAPERE
I dati non includono le regioni Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati ministero dell'istruzione
(ultimo aggiornamento: martedì 31 Agosto 2021)

In media i posti di sostegno rappresentano circa il 20% dell'organico, quota che raggiunge il 23,9% nelle scuole primarie, mentre in quelle dell'infanzia (18,25%) e alle superiori (15,92%) risulta molto più bassa. Gli insegnanti delle scuole statali lavorano con contratti a tempo indeterminato nel 76,6% dei casi, percentuale che varia dall'84,3% delle scuole dell'infanzia al 70,4% delle medie.

Dal punto di vista del profilo demografico, il grado incide in modo massiccio sul genere del docente. Nelle scuole dell'infanzia il 99,17% degli insegnanti sono donne, alle superiori la quota - pur maggioritaria - scende a circa 2/3 del totale.

Quasi la totalità degli insegnanti di scuola d’infanzia ed elementari sono donne
Composizione percentuale degli insegnanti delle scuole statali per genere (a.s. 2020/21)

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati ministero dell'istruzione
(ultimo aggiornamento: martedì 31 Agosto 2021)

La sovrarappresentazione delle docenti nei livelli di istruzione primari e pre-primari, che cala fino a diventare minoranza in quelli superiori (ad esempio nelle università), è una tendenza che riguarda numerosi sistemi educativi, anche a livello internazionale. Tuttavia nel nostro paese l'incidenza risulta maggiore, come mostrano piuttosto chiaramente i dati Ocse relativi al 2019.

Nelle scuole primarie e pre-primarie italiane quasi la totalità degli insegnanti è donna, quota che scende al 68% nelle scuole secondarie e al 37,75% nei livelli di istruzione terziari (università e assimilati). Negli altri maggiori paesi Ue la tendenza alla disparità nei percorsi dei docenti, pur presente, è meno marcata.

In Italia è maggiore la disparità di genere tra gli insegnanti nei diversi livelli di istruzione
Percentuale di donne tra gli insegnanti, per livello di istruzione (2019)

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Ocse
(ultimo aggiornamento: giovedì 16 Settembre 2021)

Se nel nostro paese la quota di donne che insegnano nelle scuole primarie supera il 95%, in Germania scende all’87%, in Francia all’83%. Nei livelli terziari, rispetto 37,75% italiano, la Germania si colloca poco sopra (39,5%), mentre la Francia si avvicina maggiormente alla parità (44,93%).

Un altro aspetto che distingue il nostro sistema educativo da quelli europei è dato dell'età dei docenti. In media gli insegnanti con meno di 35 anni nelle scuole statali italiane rappresentano il 9% del totale. Cifra che sale al 10-12% nelle scuole medie e superiori. Quelli con almeno 45 anni sono quasi il 70% dei docenti; nello specifico oltre un terzo (35%) superano i 54 anni. Soprattutto nelle scuole superiori, dove il dato sfiora il 39% del totale.

Oltre 2 insegnanti su 3 hanno dai 45 anni in su
Composizione percentuale degli insegnanti delle scuole statali per età (a.s. 2020/21)

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati ministero dell'istruzione
(ultimo aggiornamento: martedì 31 Agosto 2021)

Si tratta di cifre che collocano il nostro paese ai vertici nel contesto dei paesi europei e Ocse per anzianità del corpo docente. Nel confronto internazionale, gli insegnanti di almeno 50 anni in Italia nel 2019 erano - rispettivamente - il 58,12% nelle primarie e il 58,56% nelle secondarie. Ben al di sopra del dato tedesco (36 e 42%), francese (23 e 33%) e della stessa media Ocse (32,6 e 37,9%).

In Italia insegnanti più anziani rispetto agli altri paesi Ocse
Percentuale di insegnanti di età pari ad almeno 50 anni (2019)

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Ocse
(ultimo aggiornamento: giovedì 16 Settembre 2021)

Gli insegnanti in Italia e nel confronto internazionale

Oltre al profilo demografico dei docenti, un altro aspetto importante da valutare è quello relativo alla loro condizione effettiva e al percorso di insegnamento.

Uno degli indicatori più utilizzati nel confronto internazionale è il numero di alunni per docente. Da questo punto di vista il nostro paese - in conseguenza anche del forte calo demografico degli ultimi anni - vede un rapporto più basso rispetto alla media Ocse. Sono infatti 11,44 gli alunni per docente alle primarie (media Ocse: 14,5) e 10,93 nelle secondarie (dato Ocse: 13).

In Italia è il numero di alunni per insegnante è inferiore alla media Ocse
Rapporto tra il numero di alunni e insegnanti (2019)

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Ocse
(ultimo aggiornamento: giovedì 16 Settembre 2021)

Un altro elemento fondamentale del sistema educativo è quello delle retribuzioni e del percorso di carriera degli insegnanti. Aspetti che non riguardano solo la posizione del singolo docente, ma in qualche modo anche l'investimento complessivo che la società destina al mondo sulla formazione.

“Retribuzione, prospettiva di aumenti di stipendio in base alla progressione di carriera, potere di acquisto possono darci un’idea più precisa della capacità dei sistemi educativi europei di attrarre i laureati più qualificati e trattenere i migliori insegnanti nella professione docente” - Eurydice-Indire, Quanto sono “apprezzati” gli insegnanti in Europa (2020)

In questo senso un indicatore interessante è quello formulato da Ocse, che mette in rapporto il salario medio degli insegnanti delle scuole secondarie inferiori con quello dei lavoratori con istruzione terziaria (persone di 25-64 anni con livello Isced da 5 a 8). Tra paesi considerati, in media, gli stipendi degli insegnanti tendono a essere leggermente inferiori rispetto a quelli dei laureati. A livello Ocse il rapporto è infatti 0,9, e così anche in altri maggiori paesi europei come Francia (0,88) e Inghilterra (0,93); non in Germania dove sono invece lievemente superiori (1,02).

In Italia gli insegnanti guadagnano meno rispetto alla media dei laureati
Rapporto tra il salario medio degli insegnanti di scuola secondaria inferiore e quello medio dei lavoratori con istruzione terziaria (2020)

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Ocse
(ultimo aggiornamento: giovedì 16 Settembre 2021)

Nel nostro paese il divario con il salario medio dei laureati è più ampio: 0,71 contro una media Ocse di 0,9. Un dato superiore a quello di Stati Uniti (0,63) e Ungheria (0,61) ma inferiore a quello degli altri maggiori paesi Ue già citati.

Un altro segnale che l'investimento sul sistema educativo ha margini di incremento ampi lo si ricava dalla formazione ricevuta dagli insegnanti. In Italia i docenti che hanno completato un programma formativo con contenuti disciplinari, pedagogici e di pratica in classe sono il 57,1% del totale, contro una media Ue del 68,8%. Tra gli insegnanti con meno di 35 anni il dato scende a poco più del 50% (media Ue 75%).

Italia indietro sulla formazione degli insegnanti
Percentuale di insegnanti di scuola secondaria inferiore che hanno completato un programma di istruzione o formazione formale che comprende contenuti disciplinari, pedagogia e pratica in classe (2018)

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Eurydice e Indire
(ultimo aggiornamento: lunedì 1 Marzo 2021)

(...) quasi il 70% degli insegnanti in tutta l’Ue riferisce di aver avuto un’istruzione o formazione formale che comprendeva tutte le componenti fondamentali. In circa tre quarti dei sistemi educativi europei, questa percentuale è significativamente al di sopra del livello Ue (...)  Al contrario, in Cechia, Spagna, Francia, Italia, Cipro e Islanda, la percentuale di insegnanti formati in tutti gli elementi fondamentali è al di sotto del livello Ue. In Spagna, Francia e Italia, questa percentuale è inferiore al 60,0%, con la percentuale più bassa in Spagna (41,5%). - Indire-Eurydice, Insegnanti in Europa: carriera, sviluppo professionale e benessere (2022)

Accanto alla formazione offerta agli insegnanti, un altro aspetto fortemente variabile tra i sistemi educativi europei è quello della valutazione. Non tanto di quella a fini disciplinari, che si può attivare nei casi di negligenza professionale, ma di quella ordinaria. Quel processo di monitoraggio che dovrebbe supportare gli insegnanti nel loro lavoro

(...) sostenendo i miglioramenti registrati nel loro lavoro, fornendo valutazioni e feedback costruttivi in merito al loro operato e stabilendo criteri per la promozione e il riconoscimento di coloro che raggiungono risultati significativi - Conclusioni del Consiglio del 26 maggio 2020, cit. in Indire-Eurydice, Insegnanti in Europa: carriera, sviluppo professionale e benessere (2022)

La maggior parte dei paesi prevede un sistema di valutazione degli insegnanti, che può essere previsto con una cadenza regolare (annuale o pluriennale a seconda dei sistemi educativi) oppure attivarsi in circostanze specifiche. È il caso ad esempio del nostro paese, dove la valutazione può avvenire su richiesta del docente, per ricevere un bonus economico sulla base di un piano che può essere definito annualmente dal dirigente scolastico.

Come varia la modalità di valutazione degli insegnanti nei paesi Ue
Regolamentazione sulla valutazione degli insegnanti delle scuole secondarie inferiori (2019/20)

DA SAPERE
La mappa mostra le sole procedure di valutazione ordinarie: non considera quelle disciplinari per scarso rendimento o negligenza professionale. La valutazione degli insegnanti effettuata in circostanze specifiche si riferisce agli insegnanti valutati su loro richiesta, su iniziativa del valutatore o in determinati momenti della loro carriera.
In certi stati la disciplina cambia a seconda della regione. È il caso della Germania, dove alcuni länder non hanno una normativa specifica, mentre una minoranza l’ha resa una pratica regolare; della Spagna, in cui almeno 4 comunità autonome (Castilla-La Mancha, La Rioja, Asturie e Aragona) prevedono valutazioni in circostanze specifiche; del Belgio, dove normative diverse regolano i sistemi educativi delle comunità fiamminga, francofona e tedesca.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Eurydice e Indire
(ultimo aggiornamento: lunedì 1 Marzo 2021)

Tra i maggiori paesi europei, anche la Francia prevede che meccanismi di valutazione si attivino solo in circostanze specifiche. In particolare sono previsti dei colloqui (4 in tutto nell'arco professionale) quando il docente raggiunge un certo livello nella scala retributiva. In Germania, così come in Spagna, la disciplina normativa cambia radicalmente tra le diverse autonomie territoriali.

Quanti sono i giovani insegnanti nella scuola italiana

L'equilibrio tra docenti con esperienza consolidata e altri più giovani è uno dei fattori che possono incidere sull'offerta didattica. Come abbiamo visto attraverso i dati Ocse, l'Italia si pone al vertice per anzianità del proprio sistema educativo. Nell'anno scolastico 2020/21 solo il 9% degli insegnanti ha meno di 35 anni. Dato che scende al 2,36% se si considerano solo i docenti con contratto a tempo indeterminato.

Ma come varia questa percentuale sul territorio nazionale? Sono 3 le province in cui la quota di giovani insegnanti supera il 4%. Si tratta di Cuneo, Udine e Brescia - seguite da Prato, Fermo, Ancona Modena, Torino, Forlì-Cesena, Belluno, Pordenone, Macerata, Monza e della Brianza e Lecco. Tutti territori al di sopra del 3,5%.

Cuneo, Udine e Brescia sono le province con più giovani docenti
Percentuale di insegnanti a tempo indeterminato che hanno fino a 34 anni nelle scuole statali italiane (a.s. 2020/21)

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati ministero dell'istruzione
(ultimo aggiornamento: martedì 1 Settembre 2020)

In 7 province meno dell'1% degli insegnanti con contratto a tempo indeterminato hanno fino a 34 anni. Parliamo nello specifico di Sassari, Messina, Caltanissetta, Catania, Nuoro, Siracusa e Cagliari.

L'articolo è disponibile anche su conibambini.openpolis.it.

L’Osservatorio #Conibambini, realizzato da Con i Bambini e Openpolis nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, fornisce dati e contenuti sul fenomeno in Italia nella modalità di data journalism, in formato aperto e sistematizzati, per stimolare un’informazione basata sui dati. L’obiettivo è promuovere un dibattito informato sulla condizione dei minori in Italia, a partire dalle opportunità educative, culturali e sociali offerte, ed aiutare il decisore attraverso l’elaborazione di analisi e approfondimenti originali.

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