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Giovani e comunità: ricostruire la partecipazione giovanile dopo il covid

Tag: DirittiIstruzione

Se i giovani sono membri attivi della comunità, è l’intera società a trarne beneficio. È quanto emerge dal report dell’Osservatorio #conibambini, a cura di Con i Bambini e Openpolis. Di seguito un estratto del rapporto.

Durante il lockdown, la temporanea sospensione delle attività educative e scolastiche in presenza, la chiusura di spazi e luoghi di ritrovo, la necessità di mantenere il distanziamento per limitare i contagi hanno costretto bambini e adolescenti a ridurre esperienze e momenti di socialità connaturati al loro sviluppo

Non solo. La necessità di mantenere il distanziamento ha ridotto, oltre agli spazi di socialità, anche quelli di partecipazione alla cosa pubblica. Andando potenzialmente a minare i legami di ciascun giovane con la comunità, su più fronti. Ne hanno infatti risentito i luoghi di aggregazione, l’associazionismo, il volontariato, la partecipazione alla vita pubblica. La sospensione durante la pandemia dei Fridays for Future è solo uno dei tanti esempi di come l’emergenza abbia impattato su tali aspetti, che riguardano direttamente la formazione dei giovani come cittadini consapevoli e attivi.

Per l’Italia, un paese caratterizzato da una demografia declinante, rendere protagonisti i giovani non è più solo un’opzione. Secondo l’indagine di Eurobarometro, rispetto alla media dei loro coetanei del resto dell’Unione, i giovani italiani sembrano riporre più speranza (si dichiara tale il 47,5% del campione, a fronte del 42% rilevato tra i ragazzi Ue) e fiducia (25,8% contro 22%). Ma anche rabbia: 19,6% contro una media Ue del 14%.

I giovani italiani più fiduciosi e arrabbiati rispetto alla media Ue
Percentuale di giovani 16-24 anni per tipo di sentimento indicato di fronte all’emergenza Covid (2020)

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Eurobarometro
(ultimo aggiornamento: giovedì 30 Aprile 2020)

Sentimenti positivi e negativi che tuttavia sembrano denotare una capacità e una volontà di reazione, con un potenziale forse ancora inespresso. Una percezione della propria utilità e disponibilità nella situazione presente è infatti percepita dal 15% dei giovani Ue a fronte del 6,3% del campione italiano.

Nei mesi scorsi, la mobilitazione dei più giovani sui temi ambientali ha segnalato l'esistenza di una nuova generazione pronta a muoversi per sensibilizzare governi e opinioni pubbliche. Una novità che dimostra non solo sensibilità e coinvolgimento verso questioni fondamentali, come gli effetti del cambiamento climatico, ma anche una proattività delle nuove generazioni, una capacità di inserirsi nel dibattito pubblico e di imporre questioni dirimenti all'attenzione dei decisori politici.

Nonostante la marginalità demografica - in gran parte dei paesi occidentali, e in Italia in particolare, i giovani sono numericamente sempre meno - questa generazione ha dimostrato una centralità culturale e politica notevole.

37% dei giovani italiani pensa di avere voce in capitolo su decisioni importanti a livello locale (media Ue 44%).

Secondo i dati Istat, la classe di età tra 18 e 19 anni è quella che più spesso svolge attività gratuite in associazioni di volontariato. Il 12,2% è stato impegnato nel volontariato nell’anno precedente l’intervista, a fronte di una media del 9,2% dell’intera popolazione sopra i 14 anni.

Giovani più coinvolti della media nel volontariato e in associazioni per ambiente e diritti
Percentuale di popolazione italiana per età e attività sociale svolta nel 2020

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: lunedì 11 Ottobre 2021)

Ma è soprattutto nell'associazionismo per l'ambiente, i diritti civili e la pace che spicca un maggior impegno giovanile rispetto al resto della popolazione. 

4,4% dei giovani tra 18 e 19 anni ha partecipato a riunioni in associazioni ecologiche, per i diritti civili e per la pace. Oltre il doppio della media della popolazione (1,7%).

Questi temi sembrano essere entrati definitivamente a far parte dell'agenda politica anche per merito dei movimenti giovanili. Lo testimonia anche la scelta del legislatore di individuare nell'educazione alla sostenibilità ambientale uno dei pilastri della nuova educazione civica obbligatoria.

Da questo punto di vista, la scuola conserva un ruolo imprescindibile nella formazione non solo didattica, ma anche sociale e civica di bambini e ragazzi. È solo attraverso di essa infatti che è possibile raggiungere la totalità degli studenti, a prescindere dalla condizione sociale o dalla famiglia di origine. E questo è l'unico modo per scongiurare che la partecipazione attiva alla vita pubblica resti appannaggio di una ristretta minoranza. Sono i dati a mostrare come attualmente la partecipazione ad attività di volontariato o all'associazionismo civico sia strettamente legata alla posizione educativa e sociale.

Al crescere del titolo di istruzione cresce la partecipazione all’associazionismo e ad attività di volontariato
Percentuale di popolazione sopra i 14 anni per titolo di istruzione e attività sociale svolta nel 2020

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: lunedì 11 Ottobre 2021)

Invertire questa tendenza è una sfida che quindi riguarda sia l'efficacia di qualsiasi processo di cambiamento che la reale democraticità dello stesso dibattito pubblico.

I patti educativi di comunità

I patti educativi di comunità sono uno strumento riconosciuto ufficialmente dal Ministero dell’Istruzione, che – in occasione del piano scuola 2020/2021 – li ha indicati come modello per garantire la ripresa delle attività scolastiche dopo il Covid. I patti educativi sono infatti annoverati dal piano stesso tra gli “strumenti per la ripartenza”.

Nel contesto emergenziale, l’accordo con presidi educativi al di fuori della scuola (come biblioteche, musei e altri spazi) era una modalità per consentire la didattica in presenza. Ma al di là della fase cogente, la loro finalità si inserisce in un contesto più ampio. In primo luogo, la creazione di una rete di strutture e spazi in cui svolgere attività didattiche “complementari a quelle tradizionali, comunque volte a finalità educative”. Con lo scopo di offrire una didattica ampia, che non sia limitata solo alle attività possibili tra le mura scolastiche e che sia accessibile a tutti, a prescindere dalla condizione sociale ed economica della famiglia di origine. Secondo, la costruzione di questa rete rende possibile la valorizzazione piena dell’autonomia scolastica. Ciò significa rendere le scuole il perno di un progetto educativo che si realizza nella collaborazione con gli attori e i soggetti esistenti sul territorio. Contribuendo a cementare quel rapporto tra gli studenti e la comunità che è una premessa della cittadinanza attiva.

10 milioni di euro assegnati agli uffici scolastici regionali in fase Covid per supportare la realizzazione di patti educativi di comunità.

Risorse assegnate in parte in base al numero di alunni e in parte in base alle richieste di fabbisogno concretamente pervenute dal territorio. Durante l'anno scolastico 2020/21, parliamo di 3 milioni di euro relativi all'esercizio finanziario 2020 e di 7 milioni relativi al 2021. In termini assoluti, sono 5 le regioni che superano il milione di euro di finanziamento: Lazio, Sicilia, Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia.

Come sono stati distribuiti i 10 milioni per finanziare i patti di comunità
Assegnazione di risorse agli uffici scolastici regionali per il sostegno finanziario ai patti di comunità (a.s. 2020/2021)

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Ministero dell'istruzione
(ultimo aggiornamento: sabato 27 Marzo 2021)

Quanti sono ad oggi i patti di comunità esistenti? Ricostruirlo è l'obiettivo di un protocollo di intesa promosso nei mesi scorsi da Indire. Il gruppo di ricerca Indire sulle piccole scuole ha recentemente comunicato alcuni primi dati relativi a 12 regioni. In base a questa ricostruzione, sono 459 i patti territoriali finanziati con fondi ministeriali e 71 i patti di collaborazione delle piccole scuole sul territorio. Partendo dai patti educativi finanziati con risorse ministeriali e gestiti sul territorio dagli uffici scolastici regionali, questi sono stati finora ricostruiti per circa la metà delle regioni italiane. Il maggior numero si rileva in Sardegna, Puglia e Piemonte, dove sono stati censiti oltre 80 patti ciascuna. Seguono la Toscana, con 50 patti, la Liguria (36) e l'Abruzzo (32).

Sono oltre 400 i patti educativi finanziati dal ministero dell’istruzione
Numero di patti educativi territoriali finanziati con fondi del ministero e gestiti dagli Usr

DA SAPERE
Usr è l’acronimo di uffici scolastici regionali.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Indire-Vita
(ultimo aggiornamento: lunedì 20 Settembre 2021)

Su conibambini.openpolis.it è possibile approfondire l’argomento con ulteriori grafici e mappe.

L’Osservatorio #Conibambini, realizzato da Con i Bambini e Openpolis nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, fornisce dati e contenuti sul fenomeno in Italia nella modalità di data journalism, in formato aperto e sistematizzati, per stimolare un’informazione basata sui dati. L’obiettivo è promuovere un dibattito informato sulla condizione dei minori in Italia, a partire dalle opportunità educative, culturali e sociali offerte, ed aiutare il decisore attraverso l’elaborazione di analisi e approfondimenti originali.

Osservatorio #conibambini

Report con dati comunali e mappe sul fenomeno della povertà educativa in Italia.

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